<<Mi dà fastidio la sicurezza di chi cerca di consolare parlando con estrema facilità del paradiso, come se mangiasse un piatto di spaghetti. Non sopporto la banalità di risposte “teoriche” di fronte alla morte>>.
Chi scrive è padre Daniele Badiali, prete di Faenza, membro dell’Operazione Mato Grosso, ucciso nel 1997 in Perù.
Se a distanza di vent’anni la sua memoria è molto viva tra i giovani, è grazie al suo stile, che le righe citate lasciano intravedere: il coraggio di testimoniare il Vangelo disarmato, senza
risposte preconfezionate.
Mi è venuta in mente la figura di padre Badiali pensando al Sinodo dei vescovi che si celebrerà nell’autunno 2018 sui giovani.
Perché? La mia piccola esperienza di educatore di 18-19enni (con un gruppo dei quali sto conducendo un percorso parrocchiale di educazione alla fede), mi dice che oggi la Chiesa fatica a esprimere la sua vicinanza ai millennials forse anche perché manca, negli educatori, la capacità di ammettere che credere è impresa impegnativa e che nessuno (neppure preti e vescovi) è risparmiato dal rischio del dubbio.
Il Vangelo, certo, è buona notizia e – ne resto profondamente convinto – al credente autentico è fatto dono del centuplo quaggiù che Cristo ci ha promesso.
Ma questo non toglie che la vita ti costringa a riconoscere costantemente la tua fragilità.
Il mio, intendiamoci, non è l’elogio di un’evangelizzazione light, anzi.
Dico solo che il giovane chiede autenticità, ne ha piene le tasche di frasi fatte o appartenenze che sono solo maschere rassicuranti.
La buona notizia è che la nostalgia di Dio e la domanda su Gesù non sono, almeno nella mia esperienza, argomenti passati di moda.
Un diciottenne del nostro gruppo – ascoltato il mio commento al celebre <<Tardi ti amai>> di Agostino – ha detto: «Non riesco a pregare con parole come quelle. Ma mi piacerebbe molto».
Mi auguro che il Sinodo sappia ascoltare davvero i giovani e che la Chiesa venga percepita da loro come quella che vuole papa Francesco: un ospedale da campo, attento alle ferite di tutti.
Soprattutto, mi auguro che noi adulti diventiamo capaci di raccontare un Vangelo che fa palpitare il cuore.
Girolamo Fazzini ( da Jesus , febbraio 2017 )